Fracamente non ho in mente un titolo per un simile post. Primo perchè la disponibilità di titoli potrebbe essere infinita, secondo perchè credo che nessuno sarebbe abbastanza significativo.
Attualmente mi sembra di assistere ad uno svuotamento di quella che viene definita memoria di educazione.
Questo tipo di memoria altro non è che il patrimonio storico, culturale,... di una società. Ogni volta che viene pensato, creato, detto,...qualcosa, questo qualcosa va ad accrescere questa memoria collettiva. Essa non smette mai di crescere dunque e anzi si rafforza sempre più quando viene accresciuta poichè il nostro presente lo costruiamo sulle basi di questa memoria di educazione.
Oggigiorno però il sistema che ci circonda tende a distruggere questa memoria creando esclusivamente nuove "basi patrimoniali" precarie. Per ovviare a queste operazioni, si infierisce allora imponendo degli elementi che si ritengono utili alla stabilizzazione di questa memoria.
Lo abbiamo visto in questi ultimi giorni con la definizione del negazionismo come reato. Tutto ciò, però, non contribuisce di certo al mantenimento vivo dell'interesse per quanto è successo. Al tal proposito ho trovato interessante quanto scritto oggi Gianpasquale Santomassimo sulle pagine de "Il manifesto". Negli ultimi anni, la giornata della memoria si è sempre più trasformata in un rito, con scadenze ben precise, con corse, da parte delle amministrazioni, ai programmi più interessanti, e soprattutto copiosi, per commemorare la Shoha. Questo cammino verso l'istituzzionalizzazione (che tra i suoi frutti più marci ha visto la definizione del reato di negazionismo) non sta facendo altro che svalutare il valore commemorativo della ricorrenza, riconducendolo ad un rito festivo. Le tv mandano a random filmati sui campi di concentramento, i giornali pubblicano articoli dei deportati, le case editrici pubblicano nuove memorie dei deportati, il tutto limitatamente a questa settimana.
Quanto si impara, dunque altro non è che, in questa settimana, guai a tirar fuori revisionismi, ci dobbiamo sentire in colpa, ma dal giorno dopo finita la commemorazione, possiamo tornare alla vita quotidiana continuando a finanziare missioni di guerra, progetti per la messa a punto di armamenti, ad ingrandire basi militari,... senza doverci sentire in colpa se con le nostre armi ammazziamo gente.
Rischiamo di svalutare enormemente quanto è parte significante della nostra cultura.
Con le leggi non si istruisce un popolo. Istituzzionalizzando ricorrenze, eventi, si uccide la natura di un popolo.
Non vi sembra così? Pensate allora, a titolo dimostrativo, cosa significa oggi per la maggior parte dei giovani il Primo Maggio...è il concertone di CGIL CISL e UIL. Se non è abbastanza basta vedere gli ultimi sondaggi fatti tra i giovani sulla strage di piazza Fontana, sono raccapriccianti.
dtb
CAFFEPENSIERO: LAVORI IN CORSO??
sabato 27 gennaio 2007
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